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aeqbghROh (Invitato)
27/04/2012 21:02 (UTC)[citare]
Che cosa spaventa e nello stseso tempo attrae di Adesso basta ?Uscire fuori da una strada ben tracciata e iniziare a percorrerne un'altra che non risulta su una cartina o che, se la ricerchi sul navigatore satellitare, ti esce fuori la scritta percorso sconosciuto .Di solito difronte ai cambiamenti radicali di rotta i pensieri sono e8 impazzito , lo sapevo che prima o poi ne combinava qualcuna delle sue , tanto vedrai che prima o poi tornere0 , anch'io vorrei ..ma . , lo dicevo io che stava diventando strano ma cosa vuoi di pif9 di quello che hai, cosa vai cercando .e cosec via.Insomma il pif9 delle volte non si vuole cercare di capire cosa succede dentro ad un altro individuo ma si vuole subito catalogare e giudicare, posto poi che non si scatenino meccanismi di involontaria o volontaria invidia.Rarissimamente ci si trova davanti un soggetto che ti abbracci e ti dica (pensandolo dal profondo del suo cuore) e8 quello che volevi? ..bene sono felice per te e lec chiuda la conversazione. Siamo talvolta il popolo dei cervellotici ricercatori dei meandri pif9 nascosti del perche8 e del percome!!!!!!Forse varrebbe la pena talvolta respirare profondamente e sentire se stessi e gli altri. Proferire pochissime parole e vivere la propria vita anziche8 passare il tempo ad indagare su quella degli altri.Credo che tu Simone vada preso ad esempio, nel senso CHE vada letta la tua storia e poi BASTA. Il tutto dovrebbe ritornare dentro ognuno di noi e lec sedimentare. E' come l'aver messo del concime in un campo. Il concime fa il suo mestiere senza neppure fare troppo rumore.Continua a girare caro Simone per portare ad altri la tua storia. Lascia al vento il blaterare ed il surplus di parole il vento sa cosa farne!!!!BaciPAOLA
PwQsfQRVEPTcs (Invitato)
16/06/2012 04:30 (UTC)[citare]
Io sono ancora pif9 corriatno di Rino e di Marchi almito del merito. Esso infatti non e8 solo una mistificazione dietro la quale si tutelano coloro chestanno in alto, ma e8 anche una ideologia che giustifica la diseguaglianza e il potere autoritarioindipendentemente dal fatto che la mobilite0 socialesia fattibile o meno. E' un mito permanentemente diseducativo perche8 spinge gli uomini continuamente a lottare ognuno contro l' altro per ottenere un compenso egoistico, che sia reale o immaginario. Rappresenta percif2 un' imbarbarimento dell' umanite0. Si dovrebbe ricostruire una mentalite0 alternativa che rimetta al centro la cooperazione tra gli uomini per il bene comune. Lavorare e studiare sono attivite0 che devono essere finalizzate a migliorare se stessi e gli altri. Se invece il fine e8 egoistico l' umanite0 puf2 soltanto peggiorare. A questo riguardo, sul concetto di meritocrazia e sulle sue origini, vi linkoquanto segue:Archivio 2010 Aprile N. 118 L’inganno della meritocrazia L’inganno della meritocraziadi Mauro BoarelliLa meritocrazia e8 sulla bocca di tutti, a destra come a sinistra. In una societe0 come quella italiana, dove l’assenza di “merito” incancrenisce ogni articolazione della vita sociale e svilisce aspirazioni, competenze, passioni e idee, quale cittadino – indipendentemente dalle idee politiche professate – potrebbe essere pregiudizialmente ostile verso questo termine? Eppure e8 un termine ambiguo. Muta di senso a seconda di chi lo usa, ma al tempo stesso custodisce un insieme di significati non negoziabili che dovrebbero indurre a maneggiarlo con prudenza. Come ogni parola, anche questa non e8 neutrale. Va interrogata alla ricerca del senso profondo e delle sue implicazioni.Il lavoro di decodificazione e8 facilitato dal fatto che, in questo caso, il vocabolo ha una paternite0 accertata. Fu Michael Young a utilizzarlo per primo nel 1958 nel suo libro The Rise of Meritocracy 1870-2033 (L’avvento della meritocrazia), tradotto in italiano nel 1962 dalle edizioni di Comunite0 di Adriano Olivetti. Sociologo e attivista politico inglese, autore del manifesto che nel 1945 portf2 al successo elettorale il partito laburista e aprec la strada al governo di Clement Attlee, Young scelse il filone della letteratura utopica (e in questo caso si tratta di un’utopia negativa) per raffigurare gli esiti nefasti provocati in modo solo apparentemente paradossale dalla volonte0 di abolire i privilegi della nascita e della ricchezza. La narrazione e8 affidata a un sociologo, entusiasta paladino della “meritocrazia” e critico ironico delle posizioni di coloro che si ostinano a frenare l’avvento definitivo del nuovo ordine. Dietro quell’ironia c’e8 Young, che insinua nel lettore una serie di dubbi attraverso le lenti deformanti del suo detrattore. Il racconto si snoda nel corso di un secolo e mezzo, il lungo periodo nel quale alcune riforme fondate sull’eguaglianza delle opportunite0 – in particolare nel campo dell’istruzione – promuovono una selezione basata esclusivamente sull’intelligenza. Uno degli assi portanti del cambiamento e8 rappresentato dalla misurazione precoce delle capacite0, ispirata allo studio dei tempi e dei movimenti introdotto dai fautori dell’organizzazione scientifica del lavoro, a partire da Taylor. Questa metodologia selettiva trasforma gradualmente il sistema scolastico. L’istruzione non e8 pif9 impartita a tutti allo stesso modo, ma viene differenziata. I bambini sono indirizzati verso scuole diverse, organizzate gerarchicamente sulla base delle capacite0 individuali. Gradualmente, l’aristocrazia di nascita viene sostituita dall’“aristocrazia dell’ingegno”, e la stratificazione sociale si fa ancora pif9 netta, fino a che le tensioni create dal nuovo sistema sociale sfociano – nel 2033 – in una rivolta delle classi inferiori.L’ordine meritocratico e8 fondato sulla crescita economica: “La capacite0 di aumentare la produzione, direttamente o indirettamente, si chiama ‘intelligenza’ ( )” (p. 173). La canalizzazione dei bambini nel sistema di istruzione e8 precoce e rigida, l’educazione delle intelligenze e8 sostituita dalla loro misurazione e classificazione: “Gli uomini (â€&Scaron si distinguono non per l’eguaglianza, ma per l’ineguaglianza delle loro doti. (â€&Scaron A che pro abolire le ineguaglianze nell’istruzione se non per rivelare e rendere pif9 spiccate le ineluttabili ineguaglianze della natura?” (p. 122) E ancora: “L’assioma del pensiero moderno e8 che gli individui sono ineguali: e da esso discende il precetto morale che si debba dare a ciascuno una posizione nella vita proporzionata alla sua capacite0” (p. 123). L’intelligenza che viene incoraggiata e8 un’intelligenza utilitaristica, pratica, misurabile, e questa misurazione riproduce l’organizzazione e le gerarchie del modello industriale.Michael Young aveva scritto un libro contro la meritocrazia, si e8 ritrovato a essere considerato il suo teorico. Il termine da lui coniato e8 entrato nel vocabolario corrente e in quello politico con un’accezione positiva, ed e8 stato usato in modo acritico anche dalle forze politiche di sinistra. Poco prima di morire, Young affidf2 alle pagine di un giornale inglese una caustica lettera aperta a Tony Blair in cui accusava il leader laburista di averlo messo al centro dei suoi discorsi pubblici senza comprenderne i pericoli, e lo invitava a smettere di usarlo a sproposito (Down with Meritocracy, in “The Guardian”, 29 giugno 2001). Inutile dire che non fu ascoltato. Il progressivo capovolgimento di senso della parola da lui inventata e8 stato inarrestabile. Come spesso accade, questo slittamento e8 il risultato di una combinazione tra letture superficiali e stravolgimenti pianificati. Per cogliere questi meccanismi in azione e8 utile soffermarsi sul testo di Roger Abravanel intitolato Meritocrazia. Quattro proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro paese pif9 ricco e pif9 giusto (Garzanti 200. Il libro e8 interessante non tanto per la riflessione teorica (quasi inesistente) ne9 per le proposte (davvero deboli), ma perche9 presenta una efficace sintesi di tutte le argomentazioni dei sostenitori del modello meritocratico.Abravanel non comprende la struttura narrativa del libro di Young. Vi scorge due narratori, uno “giovane ed entusiasta, che illustra i vantaggi della meritocrazia”, l’altro – che coinciderebbe con l’autore – “pif9 vecchio e pif9 saggio, che di tanto in tanto lancia qualche ‘siluro’ ironico” (p. 54). Forse colto (sia pure fugacemente) dal dubbio che Young non abbia scritto esattamente cif2 che a lui piacerebbe leggere, inventa una scissione narrativa inesistente per sterilizzare i dubbi che emergono anche dalla lettura pif9 superficiale del libro e confinarli nella mente di un anziano e pedante osservatore che paventa pericoli immaginari e rischia con il suo allarmismo di offuscare lo splendore della meritocrazia. Partendo da questi presupposti, Abravanel capovolge completamente le tesi del sociologo inglese, e le trasforma nel primo manifesto dell’ideologia meritocratica. La selezione precoce in ambito scolastico fondata sulla misurazione – tra gli obiettivi principali della polemica di Young – diventa uno dei fondamenti positivi del nuovo modello sociale: “Sessant’anni di ricerche psicosometriche e sociologiche hanno portato a ritenere che (le) capacite0 intellettive e caratteriali siano prevedibili, senza che sia necessario attendere la ‘selezione naturale’ della societe0” (p. 65). Abravanel non si interroga sul fatto che la valutazione possiede una dimensione sociale e – di conseguenza – non e8 neutrale, come ha evidenziato Nadia Urbinati (Il merito e l’uguaglianza, in “la Repubblica”, 27 novembre 200. Aggira il problema liquidando in poche righe – con lo stile apodittico che caratterizza il libro – l’intero patrimonio della riflessione pedagogica internazionale a favore di teorie pseudoscientifiche riassunte con approssimazione e delle quali non cita quasi mai la fonte, per indirizzarsi con sicurezza verso una conclusione estremamente chiara (e cinica) dal punto di vista ideologico: “(â€&Scaron ricerche approfondite evidenziano come la performance di un bambino di sette anni in lettura/scrittura offra un’ottima previsione del suo reddito a trentasette anni” (p. 83). In fondo e8 questo il succo del ragionamento dei “meritocratici”: la crescita economica come unico metro di giudizio (senza alcun interrogativo sulle componenti immateriali di tale crescita e sulla necessite0 di altri parametri di valutazione del benessere sociale), e il premio economico alla classe dirigente, ovvero ai depositari del merito. Il collante e8, inevitabilmente, il mercato: “La societe0 meritocratica e8 profondamente basata sugli incentivi per gli individui a competere, che sono l’essenza del libero mercato” (p. 67). Inutile rimarcare che ancora una volta il “libero mercato” viene usato come feticcio senza riflettere sulla sua esistenza reale e sulle conseguenze sociali derivanti da questa costruzione ideologica. Su un punto, perf2, l’autore si esprime con candida sincerite0, senza troppi giri di parole: “Nelle societe0 meritocratiche la diseguaglianza e8 giustificata dall’ideologia della meritocrazia (â€&Scaron” (p. 62). E ancora: “(â€&Scaron nelle societe0 meritocratiche la disuguaglianza sociale conta molto meno della mobilite0 sociale” (p. 109). Da qui a teorizzare la necessite0 di un sistema educativo diseguale il passo e8 breve: “In genere si ritiene che per assicurare eguaglianza di opportunite0 bisogna dare a tutti la stessa qualite0 di istruzione (â€&Scaron. Questo luogo comune e8 profondamente errato: dando a tutti la stessa educazione non si aumenta la mobilite0 sociale e il merito muore” (p. 256). Di conseguenza, “(â€&Scaron e8 necessario passare dall’Istruzione all’Educazione, da ‘istruire tutti allo stesso modo’ a ‘educare secondo il potenziale di ciascuno’, dall’eguaglianza del livello di istruzione alle pari opportunite0 nel ricevere la migliore educazione” (p. 314).I ragionamenti di Abravanel e quelli dell’anonimo narratore di Rise of Meritocracy si sovrappongono perfettamente. Young aveva visto giusto, le sue non erano solo fantasie. Soprattutto, aveva intuito che le argomentazioni dei fautori della meritocrazia puntano diritto al cuore della democrazia. “La meritocrazia e8 (â€&Scaron l’esatta antitesi della democrazia”, scriveva Cesare Mannucci nella prefazione all’edizione italiana del libro di Young, perche9 la scuola gerarchica su cui e8 fondato quel modello non e8 immaginata per insegnare la pluralite0 di culture e valori, ma per anticipare e inculcare le stratificazioni del sistema produttivo e finalizzare il sapere allo sviluppo economico. e8 un nodo esplorato anche da Bruno Trentin, che in un denso e lucido articolo (A proposito di merito, in “l’Unite0”, 13 luglio 2006) evidenziava come il concetto di merito sia sinonimo di obbedienza e dovere, perche9 presuppone una legittimazione discrezionale da parte di qualcuno che occupa una posizione gerarchica superiore, o esercita un potere politico. Criticando duramente la subalternite0 culturale della sinistra verso un concetto proprio del liberismo autoritario e la confusione dei linguaggi che ne discende, Trentin rivendicava il primato della conoscenza sul merito. Solo il sapere rappresenta un criterio equo di selezione del valore individuale, e quindi occorre renderlo disponibile per tutti. In questo modo ciascun individuo sare0 in grado di governare il proprio lavoro. e8 una prospettiva che concilia liberte0 e conoscenza, e lo fa per tutti, non solo per una ristretta e9lite tecnocratica.Eguaglianza e democrazia. Ecco cosa mette in gioco il concetto di meritocrazia. Non esprime il riscatto dall’ineguaglianza delle opportunite0, ma il suo corriatno. Non si tratta di una sterile disquisizione lessicale. Meritocrazia e8 una parola densa di implicazioni sociali, una parola che traccia un discrimine e impone di scegliere da che parte stare, senza giocare sulle ambiguite0, senza camminare sul filo dei mille significati possibili laddove ce ne sono in realte0 ben pochi, chiari, coerenti, connotati ideologicamente e perfettamente riconoscibili.Mauro Boarelli a9 2009 Lo Straniero Contrasto due S.r.l. P. IVA / VAT 04876351000

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